Lettera aperta ai Consiglieri Regionali

Al prossimo Consiglio regionale del Veneto, convocato martedì 16 gennaio, alle 10.30., verrà esaminata la Proposta di legge, di iniziativa popolare, “Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale”, con Relazione della Quinta commissione consiliare; Relatore in Aula sarà il presidente della commissione Sanità, Sonia Brescacin (Lega-LV).

Pregiatissimo Consigliere,
con la presente siamo ad offrirLe, in vista del voto sul PdL in materia di suicidio assistito calendarizzato per il 16 gennaio p.v., alcuni sintetici spunti di riflessione che auspichiamo vorrà gradire, da parte di una associazione che da 40 anni, sul Suo territorio di riferimento, si dedica, grazie all'opera dei suoi oltre 110 volontari e ad una convenzione con l'Azienda ULSS 2 Marca Trevigiana, all'assistenza di madri in difficoltà per motivi economici, sociali, psicologici o familiari dinnanzi alla prospettiva di proseguire una gravidanza.
L'associazione, nella vicinanza molto concretamente manifestata a centinaia di famiglie che vivono in situazioni complesse, ha sviluppato consapevolezza anche in ordine alle criticità che i dibattiti in materia di politiche familiari, di malattia e di fine vita tacciono, non necessariamente per motivi ideologici, ma anche per non adeguata conoscenza diretta dell'argomento.
Abbiamo letto con interesse la Proposta di Legge e non le nascondiamo che avremmo piuttosto desiderato leggere di contributi per cure domiciliari, di valorizzazione e piena accessibilità delle cure palliative, di costruzione di un sistema che sostenga il malato, anche terminale, perché si senta membro accolto della comunità e, fronteggiando il dolore con la terapia farmacologica e la solitudine o la gravosità dell'assistenza familiare con ogni opportuna misura, non arrivi mai a chiedere di porre fine alla propria esistenza.
In buona sostanza, avvertiamo come, forse colti dalla tentazione di scegliere una soluzione semplificata, si preferisca, con questo testo, abbandonare chi soffre al suo destino, accontentandolo nella sua disperata richiesta, e in quella situazione, non si sa quanto pienamente rispondente ad una libera e incondizionata volontà.
Si dirà che il legislatore sull’argomento ha “le mani legate”, che quanto si andrà ad approvare è quasi un regolamento, pensato com’è per dare i criteri e attuare qualcosa che la Consulta ha già reso accessibile, sebbene a certe condizioni: è tuttavia evidente come definire le regole, di fatto renderà la pratica di ampia fruizione, sicché, nei fatti, approvare il Disegno di Legge significa aprire al suicidio assistito in Veneto su larga scala.
Dal punto di vista delle relazioni fra il cittadino e le istituzioni, non le sfuggirà come con la legalizzazione del suicidio assistito in una condizione in cui i cittadini sono costretti a lunghe liste di attesa per semplici prestazioni mediche non può che dare l’idea che le istituzioni stesse guardino al suicidio assistito come ad una soluzione a basso costo a questioni che richiederebbero a contrario corposi investimenti nella sanità pubblica, rompendo così il patto di fiducia reciproca fra istituzioni e cittadini; è dovere delle istituzioni garantire la salute e il benessere anche psicologico dei cittadini, ed è pertanto dovere delle istituzioni offrire ragioni di vita, e non occasioni di morte.
Convinti del primato della persona e della sua libera determinazione valoriale limitata solo dalla compressione degli spazi di libertà altrui, portiamo ad esempio il caso dell'obiezione di coscienza del personale sanitario contenuta nella L.194/78 in materia di interruzione della gravidanza: restiamo amareggiati considerando che gli operatori che domani si troveranno a portare la morte, e che non necessariamente avevano posto in conto anche questo aprendosi alla vocazione medica, non potranno sottrarsi dal dare esecuzione a quanto richiesto, anche contro la propria volontà che, d’altro canto, merita pari rispetto, soprattutto a fronte di questioni tanto sensibili.
Allo stesso tempo, il nostro pensiero va alle tante strutture sanitarie della nostra terra gestite da Enti Ecclesiastici o che comunque trovano la ratio del loro agire quotidiano in aiuto a chi soffre nel millenario insegnamento della Chiesa o di movimenti e/o associazioni caratterizzati da una idealità specifica: ne conosciamo lo straordinario valore e ci rattrista immaginarle alle prese con cause giudiziarie motivate ancora una volta dalla assenza di ogni qualsivoglia obiezione oppure, forse peggio, costrette ad uniformarsi al dettato normativo in contraddizione con i valori che perseguono.
C’è, infine, anche un altro doloroso precedente connesso alla L. 194/1978 a cui rivolgiamo con preoccupazione il nostro pensiero: tale legge, infatti, prevede prescrizioni ben più puntuali del DDL prossimo a votazione circa l'accertamento dei requisiti di legge eppure, nella pratica, ha visto tali verifiche ridursi a mero
adempimento burocratico al punto da risultare sconosciuto ai più come chi ricorre all’aborto sta effettuando una prestazione sanitaria prevista dalla Legge ma non sta esercitando certamente un diritto potestativo, del tutto incondizionato.
Si tratta di un argomento che conosciamo bene, giacché provare a rimuovere quelle cause che altrimenti condurrebbero la donna a quella tragica scelta fornendo un aiuto vero è una delle nostre mission fondanti: tale premessa per portare in luce il rischio, che da operatori del settore avvertiamo, che una volta aperto il “vaso di pandora”, le procedure di accertamento dell’idoneità previste dalla Legge Regionale si riducano a una sorta di checklist e che da domani si dipinga il Veneto come la Regione del suicidio assistito, in cui chiedere e ottenere morte è un diritto, oltretutto incentivando un turismo della morte (e un proliferare di cliniche sul modello svizzero) del quale possiamo francamente fare anche a meno.
La Proposta di Legge che il Consiglio Regionale si accinge a votare va inoltre esattamente nel senso contrario a quanto necessario anche dal punto di vista della coesione sociale; la possibilità dell’assistenza al suicidio, infatti, non può non ingenerare in chi si avvicina alla morte in condizioni di fragilità personale una subdola e sottaciuta pressione sociale al suicido con l’idea di non essere più di peso agli altri o per se stessi, rompendo in tal modo i vincoli di solidarietà fra generazioni e fra familiari necessari a tenere la società coesa, andando quindi verso una società ancora più liquida, esattamente nella direzione contraria a cui è necessario muoversi; tale fenomeno è purtroppo ampiamente comprovato dai dati statistici che si osservano nei paesi in cui il suicidio assistito è stato legalizzato.
Leggiamo nel testo un problema di fondo che attiene la cultura del morire, in cui la persona che arriva al termine della propria vita deve essere accompagnata nel processo del morire, e non fatta morire; infatti, il processo del morire fa parte della vita, e ragioni basiche di civiltà richiedono che le persone che vivono l’esperienza del morire siano accompagnate nel loro percorso naturale, come può testimoniare chiunque abbia avuto la possibilità di essere a fianco di una persona cara che si è spenta.
Infine, riteniamo l’impianto del P.d.L. non corretto anche in relazione al progresso scientifico e culturale; è vero che il progresso tecnologico ha posto in modo netto la questione del “dove fermarsi” ed è chiaro il dovere e la necessità di evitare l’accanimento terapeutico che provoca sofferenze inutili e sbagliate, ma è altrettanto vero che lo stesso progresso tecnologico e scientifico mette oggi a disposizione della medicina e della popolazione gli strumenti necessari per guardare al processo del morire serenamente anche nei casi più difficili, come quelli che attengono alle malattie degenerative.
Non entriamo, perché non ci compete, sul piano strettamente giuridico, se non per evidenziare il rischio di normare il territorio nazionale "a macchia di leopardo" su un tema tanto rilevante o per guardare con disagio alla somministrazione, nell'ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, dei farmaci che indurrebbero la morte.
Confidiamo, dunque, in vista del voto, in un supplemento di riflessione Suo e del Suo Gruppo Consiliare con il quale, prescindendo da ogni considerazione inerente il merito politico, osserviamo come non sia mai mancata condivisione ideale in tema di cultura della vita e, per tutte le ragioni suesposte, invitiamo convitamente Lei e il Suo Gruppo Consiliare a votare altrettanto convintamente contro la Proposta all’esame del Consiglio, auspicando che il Suo voto contrario possa essere portato ai cittadini come esempio di sana politica, che sa rispondere alle istanze dei cittadini con quel di più di saggezza e competenza che è richiesto a chi ha la responsabilità di assumere decisioni collettive, senza seguire le pressioni di campagne mediatiche sbagliate nei presupposti e nelle conseguenze.
Augurando un buon anno, l'occasione ci è gradita per porgerLe un cordiale saluto, invitandoLa sin d'ora a incontrare nel prossimo futuro i nostri volontari e amici presso le nostre sedi di Treviso e Montebelluna.

Il Consiglio direttivo UPV


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