(da Vita del Popolo del 24 febbraio 2019)
Al via, da questa settimana, la campagna di sensibilizzazione sul tema della denatalità promossa da Uniti per la Vita, in collaborazione con il Forum delle Associazioni Familiari. Nell’immagine, in corso di diffusione sugli organi di informazione, la frase: “Una donna con due cuori dona al mondo un’opportunità”. Segue l’hashtag “#nonlasciamolisoli”. L’hashtag si ricollega al senso del messaggio stesso: l’acquisizione di consapevolezza di come il sostegno alla natalità necessiti di passare anche per una lettura diversa del valore che ciascuno di noi attribuisce alla vita nascente e alla vita in generale, che pure è un elemento fondante, di per sé risulta manchevole di qualcosa laddove persista la totale assenza di una narrazione pubblica delle alternative alla soluzione abortiva destinate a chi vive con difficoltà la gravidanza.
All’indifferenza di parte del mondo politico, per il quale anche solo intersecare il tema aborto nel più ampio contesto di una riflessione generale sulle politiche sociali risulti un tabù, qualcosa di cui non è opportuno discutere, constatiamo come fungano da contraltare approcci parimenti ideologici, tutti schierati su grandi principi e privi di proposte, di ricadute concretamente migliorative, semplicemente di risposte alle tante situazioni complesse di vita che si palesano nei consultori e nei Centri di Aiuto alla Vita del nostro territorio. Con questa campagna ci rivolgiamo allora anche a chi è chiamato a servire la cosa pubblica alla ricerca del bene comune perché dismetta i panni di una militanza di propaganda ideologica e si proponga come interlocutore vero, propositivo, efficace verso chi ha bisogno.
Ripartiamo, dunque, da dati di fatto incontrovertibili: riconosciamo come le scelte in merito all’IVG e al fine vita siano di competenza nazionale e, in parte, regionale, sicché il margine di azione che ci è consentito non può toccare tali acquisizioni normative. Prendiamo atto serenamente che anche quando si voglia considerare quella abortiva una scelta di libertà e di autodeterminazione, tale situazione non corrisponda che ad una parte delle donne che ricorrono a quella che comunque per l’ordinamento è una extrema ratio e lavoriamo attivamente per essere socialmente e istituzionalmente generativi di alternative vere, credibili, spendibili, entrando nel merito di tutte le ragioni che possono indurre una mamma a rinunciare al suo bambino e provando come comunità a prevenire o a dare risposte diverse. In questo siamo pienamente non solo entro le previsioni della stessa legge 194/78 che vi dedica una parte rilevante, ma anche nel solco del dettato costituzionale che affida alla Repubblica (composta anche dagli Enti Locali) il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale limitatori dell’uguaglianza. E proprio questa chiave di lettura è necessario recuperare: il solo C.A.V. della nostra associazione ha prestato assistenza in oltre 122 casi nel solo 2018: non vi è dubbio che vi fossero fra questi dei casi di categorico rifiuto in radice della prospettiva di una maternità (e in questo le istituzioni, consultori inclusi, sono chiamate a spiegare che in Italia è consentito anche il parto in anonimato: si dona una vita a fronte di un procedimento di adozione che vede code di famiglie in attesa), ma i dati ci certificano scelte dettate da povertà (pensiamo pure a chi accoglierebbe volentieri la vita se la situazione reddituale rendesse la decisione più facile), diseguaglianze, famiglie “ferite”, giovani disorientati, per non citare le interazioni problematiche con il mondo del lavoro. Lungi da noi giudicare in questo le priorità di ciascuno: è vero che siamo tutti chiamati ad avviare un processo di revisione critica di queste ultime se i dati sulle nascite sono in crollo da anni e un tempo non era così, ma una donna, una famiglia non può essere lasciata sola dalle istituzioni, in balia di misure propagandistiche inefficaci e di corto respiro o di una informazione parziale che rende l’idea di una scelta spacciata talvolta come libera e indolore (ma le risultanze dei nostri percorsi di post aborto ci raccontano altro) quale quella fra il proseguimento della gestazione o l’interruzione della gravidanza. Parliamo di vite, di cuori che battono: quello di una donna che si attende di essere posta nelle condizioni migliori perché neanche si ponga l’idea di una nascita come problema e quello di un bimbo che dona al mondo un’opportunità in un tempo di grande difficoltà demografica e non solo del nostro Paese.
Ecco, semplicemente, non lasciamoli soli.
Davide Bellacicco
Vicepresidente Uniti per la Vita C.A.V. – M.P.V. Treviso
Un ringraziamento a CORXII per lo sviluppo grafico della campagna